Niccolò Machiavelli

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INDICE
LA VITA , LE OPERE E IL CONTESTO STORICO
IL PENSIERO POLITICO E FILOSOFICO
IL RAPPORTO VIRTU' - FORTUNA
" IL PRINCIPE " ( TESTO INTEGRALE )

LA VITA , LE OPERE E IL CONTESTO STORICO

Nel 1512 quando ormai aveva più di quarant'anni (era nato a Firenze il 3 maggio 1496, da antica e nobile famiglia) Niccolò Machiavelli veniva privato del suo ufficio e veniva inviato al confino per un anno. Il provvedimento era abbastanza logico perchè tutta l'attività diplomatica e politica di Machiavelli si era svolta al servizio del regime repubblicano di Firenze e la sua continuazione non poteva riuscire gradita ai Medici che rientravano nella loro città al seguito delle vittoriose truppe spagnole. Machiavelli, dopo una giovinezza ( tra i grandi scrittori italiani dedicata in parte agli studi e in parte agli svaghi, aveva iniziato la sua attività pubblica nel maggio del 1498 (quando si era conclusa col rogo l'avventura savonaroliana) , ottenendo l'incarico di segretario della seconda Cancelleria . Tale attività non aveva mai avuto un grande rilievo sul piano della politica pratica, ma aveva permesso al segretario fiorentino di acquistare esperienza diretta degli avvenimenti e dei rivolgimenti politici di quegli anni tumultuosi che videro il crollo del sistema di stati italiani e della nostra indipendenza e lo scontro , sul nostro territorio , delle due nuove potenze europee, la Francia e la Spagna. E in Francia Machiavelli si recò numerose volte (nel 1500, nel 1504 , nel 10 e nell'11 ) , tanto da conoscere molto bene la struttura di questo stato e da poter analizzare con precisione le ragioni della forza e del prestigio dei Francesi e, insieme , le cause dei loro insuccessi. Ma non meno importanti furono le esperienze che egli potè fare presso Cesare Borgia , l'inquieto spregiudicato e ambizioso figlio naturale del papa Alessandro VI , che aspirava alla creazione di un forte stato nell'Italia centrale e minacciava direttamente e indirettamente Firenze . Presso il Valentino (così era chiamato il Borgia) Machiavelli si recò due volte nel giugno e nell'ottobre del 1502 in occasione della ribellione della Valle di Chiana contro il dominio fiorentino ( ribellione fomentata dal Valentino stesso ) e da tali legazioni potè trarre argomento di ammirazione per l'energia, l'audacia, le capacità diplomatiche di questo signore "molto splendido e magnifico" che diverrà poi quasi l'incarnazione del suo principe . D'altra parte egli non fu solo testimone della fortuna del Valentino, ma anche del crollo di tutte le sue ambizioni , perchè, dopo l'improvvisa morte di Alessandro VI e il brevissimo pontificato di Pio III , fu inviato dal governo fiorentino a Roma per seguire il conclave e potè assistere all'elezione di Giulio II, nemico di Cesare Borgia e sua " ultima ruina " . In quella occasione , e in una successiva legazione nel 1506 , il Machiavelli potè anche rendersi conto del temperamento del nuovo papa , dell'energia e del " furore " che lo misero al centro degli avvenimenti politici di quegli anni . Se si aggiunge che il 1507 il nostro segretario si recò in Germania presso la corte imperiale ( rimanendovi per oltre sei mesi ) , che nel 1509 assistette alla resa di Pisa e soprattutto, alla disfatta della maggiore potenza italiana, Venezia, e che , dal 1506 in poi , negli intervalli fra una legazione e l'altra, fu incaricato di arruolare e istruire un corpo di truppa cittadina, si vedrà quanto varia e complessa fosse l'esperienza di Machiavelli. I problemi di fondo della politica europea gli si erano così progressivamente chiariti: la necessità di uno stato unitario moderno, la necessità di truppe non mercenarie, il dramma della divisione italiana e della inettitudine della nostra classe dirigente. Questi problemi egli era già venuto elaborando in una serie di scritti minori : Descrizione del modo tenuto dal duca Valentino nello ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, il signor Pagolo e il duca di Gravina Orsini; Del modo di trattare i popoli della Valdichiana ribellati; Parole da dire sopra la provvisione del denaio fatto in loco di pèroemio e di scusa; Discorso dell'ordinare lo stato di Firenze in armi; Discorso sopra l'ordinanza e la milizia fiorentina; Ritratto delle cose della Magna; Ritratto delle cose di Francia; il Decennale primo e il Decennale secondo . E' del tutto comprensibile il cruccio del Machiavelli vedendosi mettere da parte proprio nel momento in cui era giunto alla sua completa maturità e poteva guardare le cose dall' alto di una ricchissima esperienza . Ma i Medici furono inflessibili : in un primo tempo addirittura lo imprigionarono ( e lo torturarono pure ) , sospettando che avesse partecipato alla congiura del Boscoli , poi lo tennero inoperoso per quasi otto anni , sino al 1520 , e infine gli assegnarono qualche incarico minore : di esprimere un parere a riguardo della costituzione fiorentina ( e lui scrisse il Discorso sopra il riformare lo stato di Firenze ) , di narrare la storia della città ( di qui le Istorie fiorentine ) , di andare come ambasciatore presso la " repubblica degli Zoccoli " , cioè presso il capitolo dei Frati minori di Carpi . Solo nel 1526 gli venne affidato un incarico importante : quello di cancelliere dei Procuratori delle mura , preposti alla difesa di Firenze . Ma i Medici vennero di nuovo scacciati e Machiavelli, sospettato anche dal regime repubblicano, fu lasciato da parte. Morì tra il 20 e 22 giugno 1527. Durante gli anni del suo ozio forzato, Machiavelli si ritirò in una villa presso San Casciano. Qui egli passava la giornata a caccia di uccelli, o nella lettura dei poeti latini, o imbestialendosi nel giocare a tric-trac con l'oste, il mugnaio, il beccaio, o infine standosene sulla porta dell'osteria e scambiando impressioni e notizie coi passanti. Ma la sera si ritirava nel suo studio e leggeva le antiche storie e interrogava gli antichi scrittori: "e non sento per quattro ore di tempo alcuna noia, dimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte; tutto mi trasferisco in loro". E' dalle meditazioni che ispira questa frequentazione con i vivi e con i morti, coi passanti e i loro "vari gusti e diverse fantasie e coi grandi uomini dell'antichità, che nascono quasi d'un sol getto (fra il 1512 e il 1520) le grandi opere machiavelliane : il Principe, i Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio, i dialoghi Dell'arte della guerra, la Vita di Castruccio Castracani, La Mandragola . Frequentazione con i vivi e con i morti, abbiamo detto. Ed è questo che fa grande il Machiavelli, che gli permette di essere la coscenza più alta del Rinascimento e di rappresentarlo nei suoi elementi dinamici, nel suo dramma profondo, e non soltanto - come accadeva al Castiglione e al Bembo - nei suoi elementi grandiosi ma statici. Il fatto, cioè, che egli sa stabilire, nello stesso tempo, un contatto diretto col mondo classico e con le persone che lo circondano. Per lui, rivolgersi all'antico non significa evadere dal presente. Anzi. I problemi che affronta Machiavelli non sono mai problemi astratti (anche quando sembra che lo siano ), non sono mai problemi che si pongono sul piano delle categorie universali (moralità, utilità, politicità, e così via), ma sono problemi collegati alla valutazione e alla soluzione di una situazione storico-politica concreta, quella dell'italia nei primi decenni del sec. XVI Per questo non è la scoperta della categoria dell'utile diversa e distinta dalla categoria della morale l'elemento caraterizzante del pensiero machiavelliano: Non già che il problema dell'autonomia della politica, rispetto alla morale, non sia stato effettivamente da lui posto. Basterebbe pensare al capitolo del principe dedicato a coloro "che per scelleranza sono venuti al Principato" con gli esempi di Agatocle e di Oliverotto da Fermo, all'esaltazione del Valentino - ammirato nella sua abilità politica indipendentemente dai suoi delitti - o al capitolo XVIII della sressa opera dove si pone il problema se i principi debbano mantenere gli impegni presi. E se parlando do Agatocle il Machiavelli sembrava ancora oscillare non sentendosela di identificare la "virtù" - sia pure nella particolare accezione in cui egli usava questo termine di "energia" e "capacità" - con le scelleratezze di Agatocle e di altri, qui egli non manifesta più dubbi. La politica ha alcune leggi che non coincidono sempre con con quella della morale: essere buono può sovente procurare la "ruina" di un principe, al contrario, mancare di parola, ingannare, assassinare spesso può salvare uno stato. Di qui l'accusa di immoralità che gli venne presto rivolta, e la formula del "fine che giustifica i mezzi" che gli viene attribuita. In realtà Machiavelli si limita a costatare scientificamente le due sfere diverse in cui agiscono politica e morale. Si rende conto con chiarezza dell'autonomia di una rispetto all'altra, non ne individua il punto di congiunzione. Ma il secondo problema non lo interessava: la "realtà effettuale" italiana non suggeriva certo un discorso sulla morale. Per questo l'interesse del Principe si accentra tutto, invece, sulla figura del "principe nuovo" come la sola che possa sciogliere positivamente la complessa trama della crisi italiana: anzi fra l' elogio del Valentino e la condanna di Cesare . Contraddizioni inesistenti se si considera che Il principe poneva soprattutto il problema della creazione di uno stato nuovo nella situazione italiana di quel periodo e i Discorsi pongono soprattutto il problema del mantenimento dello stato , dei suoi ordinamenti migliori . Per la stessa ragione nei Discorsi al popolo si dà un posto che non ha mai nel Principe , fino all' affermazione che il popolo é " più prudente , più stabile e di migliore giudizio che un principe " e che " se i principi sono superiori a' popoli nello ordinare le leggi , formare vite civili , ordinare statuti ed ordini nuovi , i popoli sono tanto superiori nel mantenere le cose ordinate " . Così Machiavelli può arrivare a una stupefacente scoperta che sembra preludere alle concezioni politiche moderne : che cioè le lotte fra patrizi e plebei non indebolirono Roma , ma le permisero di raggiungere ordinamenti sempre più perfetti . Insomma nei Discorsi l' argomentazione é più distesa e distaccata e può , quindi , abbracciare un campo più vasto anche se meno omogeneo . Così Machiavelli può riprendere il discorso sulla religione non tanto considerandola uno strumento del potere costituito , quanto un costume morale che regola i rapporti civili fra i cittadini come individui privati e , di conseguenza , rende più ordinati e stabiliti i rapporti fra il cittadino e lo stato . Può riprendere anche il discorso sulle milizie e sulla necessità di uno stato di ampliarsi , ripudiando in questo modo definitivamente il concetto di città - stato e sostenendo la necessità di uno stato con una larga base territoriale . Tale collegamento alle cose e il carattere di ricerca della sua speculazione si rivelano pienamente " nella prosa e nello stile stesso " del segretario fiorentino , in " questo tipo nuovo e liberale di prosa " in cui la sintassi " é già consapevole della sua libertà ed individualità " e il " ragionamento a piramide degli scolastici " cede il posto al " ragionamento a catena " della prosa scientifica moderna . Il lettore ha costantemente l' impressione di assistere e di essere chiamato a partecipare a un laborioso processo di ricerca , irto di dubbi e di contraddizioni . La prosa del Machiavelli non assomiglia mai a quella del maestro che squaderna agli occhi del proprio allievo una verità della quale egli solo era in possesso ; essa piuttosto sollecita a provoca il lettore , cui si rivolge , di frequente , con un " tu " perentorio e aggressivo , a farsi compagno e sodale del suo autore , lo immedesima nei dubbi e nelle incertezze di questo . In tal senso la prosa di Machiavelli é eminentemente moderna . E quando d' improvviso il periodare serrato e incalzante del segretario fiorentino s' impenna e si apre in una di quelle rappresentazioni o formule condensate e chiarissime che sono tipiche della sua opera , il lettore ha la sensazione di assistere al germinare di un' intuizione nuova preparata e resa possibile da un lungo e penoso lavoro intellettuale , si sente partecipe della gioia della scoperta e , al tempo stesso , stupito della semplicità rivoluzionario della medesima . Insomma Machiavelli ha di fronte a sè una realtà mortificante , la " ruina d' Italia " , nelle sue istituzioni comunali o signorili , nei costumi dei suoi principi , nell' avvilimento del popolo . Di qui il pessimismo della sua intelligenza , quel contemplare distaccato e disgustare un mondo sordido e canagliesco , impastato di bassi appetiti , di astuzie meschine , di stupidità e di ingordigia che sta al fondo della Mandragola , il capolavoro del teatro del '500 . Egli , però , ha compreso l' importanza delle grandi formazioni di stati unitari verificatisi in Europa , sa che in questa direzione si muove la storia e il progresso ed é consapevole che il grande patrimonio della civiltà italiana potrebbe esprimere il principe capace di imprimere un suggello su quella materia informe e corrotta .

IL PENSIERO POLITICO E FILOSOFICO

Machiavelli non è un puro teorico , inteso a costruire freddamente una teoria politica per così dire " in laboratorio " : le sue concezioni scaturiscono dal rapporto diretto con la realtà storica , in cui egli é impegnato in prima persona grazie agli incarichi che ricopre nella Repubblica fiorentina , e mirano a loro volta ad incidere in quella realtà , modificandola secondo determinate prospettive . Il suo pensiero si presenta così come una stretta fusione di teoria e prassi : la teoria nasce dalla prassi e tende a risolversi in essa . Alla base di tutta la riflessione di Machiavelli vi é la coscienza lucida e sofferta della crisi che l' Italia contemporanea sta attraversando : una crisi politica , in quanto l' Italia non presenta quei solidi organismi statali unitari che caratterizzano le maggiori potenze europee e appare frammentata in una serie di Stati regionali e cittadini deboli e instabili ; crisi militare , in quanto si fonda ancora su milizie mercenarie e compagnie di ventura , anzichè su eserciti " cittadini " , che soli possono garantire la fedeltà , l' ubbidienza , la serietà di impegno ; ma anche crisi morale , perchè sono scomparsi , o comunque si sono molto affievoliti , tutti quei valori che danno fondamento saldo ad un vivere civile , e che per Machiavelli sono rappresentati esemplarmente dall' antica Roma , l' amore per la patria , il senso civico , lo spirito di sacrificio e lo slancio eroico , l' orgoglio e il senso dell' onore , e sono stati sostituiti da un atteggiamento scettico e rinunciatario , che induce ad abbandonarsi fatalisticamente al capriccio mutevole della fortuna , senza reagire e senza lottare . Perciò , come hanno dimostrato le guerre che si sono succedute dopo la calata dei Francesi nel 1494 , gli Stati italiani sono prossimi a perdere la loro indipendenza politica e a divenire satelliti delle potenze europee che si stanno disputando il territorio della penisola . Per Machiavelli l' unica via d' uscita da una così straordinaria " gravità de' tempi " é un principe dalla straordinaria " virtù " , capace di organizzare le energie che potenzialmente ancora sussistono nelle genti italiane e di costtruire una compagine statale abbastanza forte da contrastare le mire espansionistiche degli Stati vicini . A questo obiettivo storicamente concreto é indirizzata tutta le teorizzazione politica di Machiavelli , la quale perciò si riempie del calore passionale e dello slancio di chi partecipa con fervore ad un momento decisivo della storia del proprio paese . Ignorare queste radici pratiche immediate del pensiero machiavelliano porterebbe a travisarne completamente il senso . Tuttavia quel pensiero non resta limitato a quel campo così contingente , poichè altrimenti non avrebbe la forza di sollecitare ancora tanto interesse : partendo da quella situazione particolare , cercando di dare una risposta immediata ed efficace a quei problemi di traumatica urgenza , Machiavelli elabora una teoria che aspira ad avere una portata universale , a fondarsi su leggi valide in tutti i tempi e tutti i luoghi . Le radici pratiche immediate danno al suo pensiero quel calore , quella passione che lo rendono affascinante e che conferiscono alle sue opere uno straordinario valore letterario , ma poi la sua speculazione assume anche la fisionomia di una vera teoria scientifica . Concordemente Machiavelli é stato definito come il fondatore della moderna scienza politica : innanzitutto egli determina nettamente il campo di questa scienza , distinguendolo da quello di altre discipline che si occupano ugualmente dell' agire dell' uomo , come l' etica . Machiavelli , poi , rivendica vigorosamente l' autonomia del campo dell' azione politica : essa possiede delle proprie leggi specifiche , e l' agire degli uomini di Stato va studiato e valutato in base a tali leggi : occorre cioè , nell' analisi dell' operato di un principe , valutare esclusivamente se esso ha saputo raggiungere i fini che devono essere propri della politica , rafforzare e mantenere lo Stato , garantire il bene dei cittadini . Ogni altro criterio , se il sovrano sia stato giusto e mite o violento e crudele , se sia stato fedele o abbia mancato alla parola data , non é pertinente alla valutazione politica del suo operato . E' una teoria di sconvolgente novità , veramente rivoluzionaria nel contesto della cultura occidentale . Machiavelli ha il coraggio di mettere in luce ciò che avviene realmente nella politica , non di delineare degli Stati ideali " che non si sono mai visti essere in vero " . Proclama infatti di voler andar dietro alla " verità effettuale della cosa " anzichè all' " immaginazione di essa " , proprio perchè non gli interessa mettere insieme una bella costruzione teorica , ma scrivere un' opera " utile a chi la intenda " , fornire uno strumento concettuale di immediata applicabilità alla politica reale e di sicura efficacia . Oltre al campo autonomo su cui applica la nuova scienza , Machiavelli ne delinea chiaramente il metodo . Esso ha il suo principio fondamentale nell' aderenza alla " verità effettuale " : proprio perchè vuole agire sulla realtà ne deve tener conto e quindi per ogni sua costruzione teorica parte sempre dall' indagine sulla realtà concreta , empiricamente verificabile , mai da ssiomi universali e astratti . Solo mettendo insieme tutte le varie esperienze si può poi giungere a costruire principi generali . L' esperienza per Machiavelli può essere di due tipi : quella diretta , ricavata dalla partecipazione personale alle vicende presenti , e quella ricavata dalla lettura degli autori antichi . Machiavelli le definisce ( nella dedica del Principe ) rispettivamente " esperienza delle cose moderne " e " lezione delle antique " . In realtà si tratta solo apparentemente di due forme diverse perchè studiare il comportamento di un politico contemporaneo o di uno vissuto cento anni fa é la stessa cosa , cambia solo il veicolo della trasmissione dei dati , dell' informazione su cui lavorare , ma il contenuto é lo stesso . Alla base di questo modo di accostarsi alla storia vi é una concezione tipicamente naturalistica : Machiavelli é convinto che l' uomo sia un fenomeno naturale al pari di altri e che quindi i suoi comportamenti non variino nel tempo , come non variano il corso del sole e delle stelle . Per questo ha fiducia nel fatto che , studiando il comportamento umano attraverso le fonti storiche o l' esperienza diretta , si possa arrivare a formulare delle vere e proprie leggi di validità universale . Proprio per questo la sua storia é costellata di esempi tratti dalla storia antica : essi sono la prova che il comportamento umano non varia e che quindi l' agire degli antichi può essere di modello . Per lui gli uomini " camminano sempre per vie battute da altri " , perciò propone il principio tipicamente rinascimentale dell' imitazione : Machiavelli nota che ai suoi tempi l' imitazione degli antichi é pratica costante nelle arti figurative , nella medicina , nel diritto e depreca quindi che lo stesso non avvenga nella politica . Da questa visione naturalistica scaturisce la fiducia di Machiavelli in una teoria razionale dell' agire politico , che sappia individuare le leggi a cui i fatti politici rispondono necessariamente e quindi sappia suggerire le sicure linee di condotta statistica . Il punto di partenza per la formulazione di tali leggi é una visione crudamente pessimistica dell' uomo come essere morale : l' uomo agli occhi di Machiavelli é malvagio : non ne teorizza filosofiacamente le cause , non indaga se lo sia per natura o in conseguenza ad una colpa originariamente commessa , ma si limita a constatare empiricamente gli effetti della sua malvagità sulla realtà . Gli uomini sono " ingrati , volubili , simulatori e dissimulatori , fuggitori de' pericoli , cupidi di guadagno " e dimanticano più facilmente l' uccisione del padre che la perdita del patrimonio : la molla che li spinge é l' interesse materiale e non sono i valori sentimentali disinteressati e nobili . Tra tanti uomini malvagi il principe non deve nè può " fare in tutte le parti la professione di buono " perchè andrebbe incontro alla rovina : deve anche sapere essere " non buono " laddove lo richiedano le necessità dello Stato . Il vero politico agli occhi di Machiavelli deve essere un vcentauro
, ossia un essere metà uomo e metà animale , deve cioè essere umano o feroce come una bestia a seconda delle situazioni . Tuttavia Machiavelli sa bene come il venir meno alla parola data o l' uccidere spietatamente i nemici per un principe siano cose ripugnanti moralmente : tuttavia se il principe eticamente é malvagio in politica diventa buono , perchè uccide per difendere lo Stato e le sue istituzioni ; allo stesso modo i " buoni " moralmente sarebbero " cattivi " politicamente perchè non ucciderdo e non compiendo azioni malvagie lascerebbe perire lo Stato . Machiavelli quindi non é il fondatore di una nuova morale , anzi , moralmente parlando é un tradizionalista e considera " cattivo " chi uccide o non mantiene la parola data ; egli semplicemente individua un ordine di giudizi autonomi che si regolano su altri criteri , non il bene o il male , ma l' utile o il danno politico . E' interessante notare che Machiavelli distingue tra principi e tiranni : principe é chi usa metodi riprovevoli a fin di bene , in favore dello Stato ; tiranno , invece , é chi li usa senza che ci sia necessità . E' solo lo Stato che può costituire un rimedio alla malvagità dell' uomo , al suo egoismo che disgregherebbe ogni comunità in un caos di spinte individualiste contrapposte le une alle altre . Per quel che riguarda il rapporto con la religione , a Machiavelli non interessa nella sua prospettiva concettuale , come contenuto di verità , nè tanto meno nella sua dimensione spirituale , come garanzia di salvezza , ma solo ed esclusivamente come " instrumentum regni " , ossia come strumento di governo . La religione , in quanto fede in certi principi comuni , obbliga i cittadini a rispettarsi reciprocamente e a mantenere la parola data : questa era la funzione che la religione rivestiva già ai tempi degli antichi Romani , secondo Machiavelli . Tuttavia nei Discorsi Machiavelli muove anche un biasimo alla religione , accusandola di essere spesso stata colpevole di rendere gli uomini miti e rassegnati , di far sì che essi svalutassero le cose terrene per guardare solo al cielo . La forma di governo che meglio compendia in sè l' idea di Stato per Machiavelli é quella repubblicana , che argina e disciplina le forze anarchice dell' uomo . Il principato é per Machiavelli una forma d' eccezione e transitoria , indispensabile solo in certi momenti , come quello che l' Italia sta vivendo ai suoi tempi , per costruire uno Stato sufficientemente saldo . La forma repubblicana é la migliore perchè non si fonda su un solo uomo , ma ha istituzioni stabili e durature .

IL RAPPORTO VIRTU' - FORTUNA

In Machiavelli si delineano due concezioni della virtù : la virtù eccezionale del singolo, del politico-eroe, che brilla nei momenti di eccezionale gravità, e la virtù del buon cittadino, che opera entro stabili istituzioni dello Stato, eche non è meno eroica della prima, come dimostrano tanti esempi della storia di Roma, dove rifulse la virtù di semplici cittadini. Machiavelli ha comunque una visione eroica dell'agire umano. In lui viene a confluire quella fiducia nella forza dell'uomo, che era stata patrimonio della civiltà comunale (si pensi a Boccaccio), ed era stata poi ereditata e consapevolmente teorizzata dalla civiltà umanistica. Ma, proprio sulla scorta di questa tradizione di pensiero, Machiavelli sa bene che l'uomo nel suo agire ha precisi limiti, e deve fare i conti con una serie di fattori a lui esterni, e che non dipendono dalla sua volontà. Questi limiti assumono il volto capriccioso e incostante della fortuna. E' questo un altro grande tema della civiltà umanistico-rinascimentale , che fa anch'esso la sua comparsa sin da Boccaccio . E' il frutto di una concezione laica e immanentistica, che mette tra parentesi la presenza nel mondo della provvidenza , intesa come disegno divino indirizzato consapevolmente a un fine, e porta in primo piano il combinarsi di forze puramente casuali, accidentali, svincolate da ogni finalità trascendente. Dalla tradizione umanistica Machiavelli eredita la convinzione che l'uomo può fronteggiare vittoriosamente la fortuna. Egli ritene che essa sia arbitra solo della metà delle cose umane, e lasci regolare l'altra metà agli uomini. Vi sono per Machiavelli vari modi in cui l'uomo può contrapporsi alla fortuna. In primo luogo essa può costituire "l'occasione" del suo agire, la "materia" su cui egli può imprimere la "forma" da lui voluta. La "virtù" del singolo e l' "occasione" si implicano a vicenda: le doti del politico restano puramente potenziali se egli non trova l'occasione adatta per affermarle, e viceversa l'occasione resta pura potenzialità se un politico "virtuoso" non sa approfittarne. L'occasione può anche essere una condizione negativa, che serve di stimolo ad una virtù eccezionale. Scrive Machiavelli nei capitoli VI e XXVI del Principe che occorreva che gli Ebrei fossero schiavi in Egitto, gli Ateniesi dispersi nell'Attica, i Persiani sottomessi ai Medi perchè potesse rifulgere la "virtù" di grandi condottieri di popoli come Mosè, Teseo e Ciro. In secondo luogo la "virtù" umana si impone alla fortuna attraverso la capacità di previsione, il calcolo accorto. Nei momenti quieti l'abile politico deve prevedere i futuri rovesci, e predisporre i necessari ripari, come si costruiscono gli argini per contenere i fiumi in piena. Si fronteggiano così, nel pensiero di Machiavelli, due forze gigantesche, la fortuna incostante , volubile , e la virtù umana , che è in grado di contrastarla, imbrigliarla, impedirle di far danno, piegarla ai propri fini. La "virtù"di cui parla Machiavelli è quindi un complesso di varie qualità: in primo luogo la perfetta conoscenza delle leggi generali dell'agire politico, ricavate, come sappiamo, sia dall'esperienza diretta sia della "lezione" della storia passata; in secondo luogo dalla capacità di applicare queste leggi ai casi concreti e particolari, prevedendo in base ad esse i comportamenti degli avversari e gli sviluppi delle situaziuoni, il mutare dei rapporti di forza, l'incidenza degli interessi dei singoli ; infine la decisione, l'energia, il coraggio nel mettere in pratica ciò che si è disegnato: la "virtù" del politico è quindi una sintesi di doti intellettuali e pratiche , che conferma che nel pensiero machiavellano teoria e prassi non vadano mai disgiunte. Ma vi è ancora un terzo mondo teorizzato da Machiavelli per opporsi alla fortuna, e quindi un'altra dote che concorre a determinare la "virtù" umana: il "riscontrarsi" con i tempi, cioè la duttilità nell'adattare il proprio comportamento alle varie esigenze oggettive che via via si presentano, alle varie situazioni, ai vari contesti in cui si è obbligati ad operare. Ad esempio, in certe occasioni occorre agire con cautela e ponderatezza, in altre con impeto e ardimento, in certi casi occorre l'astuzia della volpe, in altri la forza del leone. E qui compare una nota pessimistica: questa duttilità è una dote altamente auspicabile, ma quasi mai si ritrova negli uomini, che non sanno variare il loro comportamento secondo le circostanze , perchè , se hanno sempre avuto buon esito nell' operare in un certo modo , difficilmente sanno adattarsi a ricorrere a moduli diversi ; per cui i politici avranno buon esito solo se le circostanze saranno conformi alle loro doti naturali : cioè la statistica , se sarà cauto e prudente , avrà successo solo se si troverà ad agire in circostanze che esigono prudenza , ma se i tempi variassero , ed esigessero decisioni pronte ed audaci , egli non saprebbe certamente adattarsi ed andrebbe in rovina . Come si vede Machiavelli reintroduce così , pessimisticamente , un fattore di casualità che sfugge al controllo dell' uomo .

" IL PRINCIPE " ( TESTO INTEGRALE )

Il 10 dicembre 1513 , dall' esilio dell' Albergaccio , Machiavelli annunciava all' amico Vettori di aver composto un " opuscolo de principatibus " , in cui si trattava " che cosa é principato , di quale spetie sono , come e' si mantengono , perchè e' si perdono " . L' indicazione fissa il momento in cui l' opera può dirsi compiuta , ma lascia aperti altri problemi di datazione : in quale periodo sia stata composta , se sia stata scritta unitariamente o in fasi diverse e soprattutto quali siano i rapporti che legano ai " Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio " . Oggi gli studiosi tendono a collocare la composizione tra luglio e dicembre 1513 , in una stesura di getto , mentre si ritiene che posteriormente sia stata scritta la dedica a Lorenzo de' Medici e probabilmente anche il capitolo finale che , nel suo carattere di appassionata esortazione a liberare l' Italia dai " barbari " , sembra staccarsi dal tono lucidamente argomentativo del resto del trattato . Per quanto riguarda i rapporti con I Discorsi si é pensato che la stesura di tale opera sia iniziata precedentemente nel corso del 1513 e sia stata interrotta nel luglio per far posto alla composizione del trattatello , che rispondeva a bisogni di maggiore urgenza , agganciandosi direttamente ai problemi attuali della situazione italiana . il Principe é un' operetta molto breve , scritta in forma concisa e incalzante , ma densissima di pensiero . Si articola in 26 capitoli , di lunghezza variabile , che recano dei titoli in latino come era usanza dell' epoca . La materia é divisa in diverse sezioni . I capitoli I - XI esaminano i vari tipi di principato e mirano a individuare i mezzi che consentono di conquistarlo e di mantenerlo , conferendogli forza e stabilità . Machiavelli distingue tra principati ereditari ( a cui é dedicato il capitolo II ) e nuovi ; questi ultimi a loro volta possono essere misti , aggiunti come membri allo Stato ereditario di un principe ( capitolo III ) o del tutto nuovi ( capitoli IV - V ) ; a loro volta questi possono essere conquistati con la virtù e con armi proprie ( capitoli IV - V ) , oppure basandosi sulla fortuna e su armi altrui ( capitolo VII , in cui si propone come esempio il duca Valentino ) . Il capitolo VIII tratta di coloro che giungono al principato attraverso scelleratezze , e qui Machiavelli distingue tra la crudeltà " bene e male usata " : la prima é quella impiegata solo per stati di assoluta necessità e che si converte nella maggiore utilità possibile per i sudditi ; male usata invece é quella che cresce con il tempo anzichè cessare ed é compiuta per l' esclusivo vantaggio del tiranno . Nel capitolo IX si affronta il principato " civile " , in cui cioè il principe riceve potere dai cittadini stessi ; nel X si esamina come si debbano misurare le forze dei principati e nell' XI si tratta dei principati ecclesiastici , in cui il potere é detenuto dall' autorità religiosa , come nel caso dello Stato della Chiesa . I capitoli XII - XIV sono dedicati al problema delle milizie : Machiavelli giudica negativamente l' uso degli eserciti mercenari ( cosa che per altro aveva fatto già Petrarca ) , abituale nell' Italia del tempo , perchè essi combattendo solo per denaro sono infidi e pertanto costituiscono una delle cause principali della debolezza degli Stati italiani e delle pesanti sconfitte subite nelle recenti guerre ; di conseguenza , per lui , la forza di uno Stato consiste soprattutto nel poter contare su armi proprie , su un esercito composto dagli stessi cittadini in armi , che combattano per difendere i loro averi e la loro vita stessa . I capitoli XV - XXIII trattano dei modi di comportarsi del principe con i sudditi e con gli amici . E' questa la parte in cui il rovesciamento degli schemi della trattatistica precedente é più radicale e polemico , in cui Machiavelli , anzichè esibire il catalogo delle virtù morali che sarebbero auspicabili in un principe va dietro alla " verità effettuale della cosa " : poichè gli uomini sono malvagi , avidi , mancatori della fede e violenti , il principe che é costretto ad agire tra loro non può seguire in tutto le leggi morali , ma deve imparare anche ad essere " non buono " , dove le circostanze lo esigano ; deve guardare al fine , che é vincere e mantenere lo Stato : i mezzi se vincerà saranno sempre considerati onorevoli . Sono questi i capitoli che hanno immediatamente suscitato più scalpore , ed hanno attirato per secoli su Machiavelli l' esecrazione e la condanna . Il capitolo XXIV esamina le cause per cui i principi italiani , nella crisi successiva al 1494 ( il crollo della libertà italiana ) hanno perso i loro Stati . La causa per lo scrittore é essenzialmente l' " ignavia " dei principi , che nei tempi quieti non hanno saputo prevedere la tempesta che si preparava ( solo Savonarola aveva avuto l' intuizione ) e porvi i necessari ripari . Di qui scaturisce naturalmente l' argomento del capitolo XXV , il rapporto tra virtù e fortuna , cioè la capacità , che deve essere propria del politico , di porre argini alle variazioni della fortuna , paragonata a un fiume in piena che quando straripa allaga le campagne e devasta i raccolti e gli abitati . L' ultimo capitolo , il XXVI , é , come accennato , un' appassionata esortazione ad un principe nuovo , accorto ed energico , che sappia porsi a capo del popolo italiano e liberare l' Italia dai barbari .

Indice ragionato
Dedica - Lettera a Francesco Vettori
- Dedica - Al magnifico Lorenzo de' Medici
I Principati I - Di quante ragioni sieno e' principati, e in che modo si acquistino
II - De' Principati ereditari
III - De' Principati misti
Il Governo IV - Per qual ragione el regno di Dario, il quale da Alessandro fu occupato, non si ribellò da' suoi successori dopo la morte di Alessandro
V - In che modo si debbino governare le città o principati li quali, innanzi fussino occupati, si vivevano con le loro leggi e virtuosamente
I profeti armati -La virtù VI - De' principati nuovi che s'acquistano con le armi proprie e virtuosamente
La fortuna VII - De' Principati nuovi che s'acquistano colle armi e fortuna di altri
Scelleratezze VIII - Di quelli che per scelleratezze sono pervenuti al principato
Il Principato civile IX - Del Principato civile
L'esercito X - In che modo si debbino misurare le forze di tutti i principati
I Principati ecclesiastici XI - De' Principati ecclesiastici
La milizia XII - Di quante ragioni sia la milizia, e de' soldati mercenari
XIII - De' soldati ausiliari, misti e proprii
XIV - Il Principe deve comandare la milizia
La verità effettuale XV - Di quelle cose per le quali li uomini, e specialmente i principi, sono laudati o vituperati
Le doti del Principe XVI - Della liberalità e della parsimonia
XVII - Della crudeltà e pietà; e s'elli è meglio esser amato che temuto, o più, tosto temuto che amato
XVIII - In che modo i principi abbino a mantenere la fede
XIX - In che modo si abbia a fuggire lo essere sprezzato e odiato
Fortezze: utilità XX - Se le fortezze e molte altre cose, che ogni giorno si fanno da' principi, sono utili o no
La stima XXI - Che si conviene a un principe perché sia stimato
I segretari XXII - De' secretari ch'e' principi hanno presso di loro
Gli adulatori XXIII - In che modo si abbino a fuggire li adulatori
I principi attuali XXIV - Per qual cagione li principi in Italia hanno perso li Stati loro
La fortuna XXV - Quanto possa la fortuna nelle cose umane e in che modo se li abbia a resistere
Esortazione finale XXVI - Esortazione a pigliare la Italia e liberarla dalle mani de' barbari