Niccolò Machiavelli
Il Principe
Capitolo IX
Del Principato Civile
De principatu civili
1. - Ma, venendo
all'altra parte, quando uno privato cittadino, non per scelleratezza o altra intollerabile
violenzia, ma con il favore delli altri sua cittadini diventa principe della sua patria,
il quale si può chiamare principato civile (né a pervenirvi è necessario o tutta virtù
o tutta fortuna, ma più presto una astuzia fortunata), dico che si ascende a questo
principato o con il favore del populo o con il favore de' grandi. Perché in ogni città
si truovano questi dua umori diversi; e nasce da questo, che il populo desidera non essere
comandato né oppresso da' grandi, e li grandi desiderano comandare et opprimere el
populo; e da questi dua appetiti diversi nasce nelle città uno de' tre effetti, o
principato o libertà o licenzia.
2. - El principato
è causato o dal populo o da' grandi, secondo che l'una o l'altra di queste parti ne ha
occasione; perché, vedendo e' grandi non potere resistere al populo, cominciano a voltare
la reputazione ad uno di loro, e fannolo principe per potere sotto la sua ombra sfogare
l'appetito loro. El populo ancora, vedendo non potere resistere a' grandi, volta la
reputazione ad uno, e lo fa principe, per essere con la autorità sua difeso. Colui che
viene al principato con lo aiuto de' grandi, si mantiene con più difficultà che quello
che diventa con lo aiuto del populo; perché si trova principe con di molti intorno che li
paiano essere sua eguali, e per questo non li può né comandare né maneggiare a suo
modo.
3. - Ma colui che
arriva al principato con il favore popolare, vi si trova solo, e ha intorno o nessuno o
pochissimi che non sieno parati a obedire. Oltre a questo, non si può con onestà
satisfare a' grandi e sanza iniuria d'altri, ma sí bene al populo: perché quello del
populo è più onesto fine che quello de' grandi, volendo questi opprimere, e quello non
essere oppresso. Preterea, del populo inimico uno principe non si può mai assicurare, per
essere troppi; de' grandi si può assicurare, per essere pochi. El peggio che possa
aspettare uno principe dal populo inimico, è lo essere abbandonato da lui; ma da' grandi,
inimici, non solo debbe temere di essere abbandonato, ma etiam che loro li venghino
contro; perché, sendo in quelli più vedere e più astuzia, avanzono sempre tempo per
salvarsi, e cercono gradi con quelli che sperano che vinca. È necessitato ancora el
principe vivere sempre con quello medesimo populo; ma può ben fare sanza quelli medesimi
grandi, potendo farne e disfarne ogni dí, e tòrre e dare, a sua posta, reputazione loro.
4. - E, per
chiarire meglio questa parte, dico come e grandi si debbono considerare in dua modi
principalmente. O si governano in modo, col procedere loro, che si obbligano in tutto alla
tua fortuna, o no. Quelli che si obbligano, e non sieno rapaci, si debbono onorare et
amare; quelli che non si obbligano, si hanno ad esaminare in dua modi: o fanno questo per
pusillanimità e defetto naturale d'animo: allora tu ti debbi servire di quelli massime
che sono di buono consiglio, perché nelle prosperità te ne onori, e nelle avversità non
hai da temerne. Ma, quando non si obbligano ad arte e per cagione ambiziosa, è segno come
pensano più a sé che a te; e da quelli si debbe el principe guardare, e temerli come se
fussino scoperti inimici, perché sempre, nelle avversità, aiuteranno ruinarlo.
5. - Debbe,
pertanto, uno che diventi principe mediante el favore del populo, mantenerselo amico; il
che li fia facile, non domandando lui se non di non essere oppresso. Ma uno che contro al
populo diventi principe con il favore de' grandi, debbe innanzi a ogni altra cosa cercare
di guadagnarsi el populo: il che li fia facile, quando pigli la protezione sua. E perché
li uomini, quando hanno bene da chi credevano avere male, si obbligano più al
beneficatore loro, diventa el populo subito più suo benivolo, che se si fussi condotto al
principato con favori sua: e puosselo el principe guadagnare in molti modi, li quali,
perché variano secondo el subietto, non se ne può dare certa regola, e però si
lasceranno indrieto.
6. - Concluderò
solo che a uno principe è necessario avere el populo amico: altrimenti non ha, nelle
avversità, remedio. Nabide, principe delli Spartani, sostenne la obsidione di tutta
Grecia e di uno esercito romano vittoriosissimo, e difese contro a quelli la patria sua et
il suo stato: e li bastò solo, sopravvenente il periculo, assicurarsi di pochi: ché se
elli avessi avuto el populo inimico, questo non li bastava. E non sia alcuno che repugni a
questa mia opinione con quello proverbio trito, che chi fonda in sul populo, fonda in sul
fango: perché quello è vero, quando uno cittadino privato vi fa su fondamento, e dassi
ad intendere che il populo lo liberi, quando fussi oppresso da' nimici o da' magistrati.
In questo caso si potrebbe trovare spesso ingannato, come a Roma e Gracchi et a Firenze
messer Giorgio Scali. Ma, sendo uno principe che vi fondi su, che possa comandare e sia
uomo di core, né si sbigottisca nelle avversità, e non manchi delle altre preparazioni,
e tenga con l'animo et ordini sua animato l'universale, mai si troverrà ingannato da lui,
e li parrà avere fatto li sua fondamenti buoni.
7. - Sogliono
questi principati periclitare quando sono per salire dall'ordine civile allo assoluto;
perché questi principi, o comandano per loro medesimi, o per mezzo de' magistrati.
Nell'ultimo caso, è più debole e più periculoso lo stare loro; perché gli stanno al
tutto con la voluntà di quelli cittadini che sono preposti a' magistrati: li quali,
massime ne' tempi avversi, li possono tòrre con facilità grande lo stato, o con farli
contro, o con non lo obedire. Et el principe non è a tempo, ne' periculi, a pigliare
l'autorità assoluta; perché li cittadini e sudditi, che sogliono avere e comandamenti
da' magistrati, non sono, in quelli frangenti, per obedire a' sua; et arà sempre, ne'
tempi dubii, penuria di chi si possa fidare. Perché simile principe non può fondarsi
sopra a quello che vede ne' tempi quieti, quando e cittadini hanno bisogno dello stato;
perché allora ognuno corre, ognuno promette, e ciascuno vuole morire per lui, quando la
morte è discosto; ma ne' tempi avversi, quando lo stato ha bisogno de' cittadini, allora
se ne truova pochi. E tanto più è questa esperienzia periculosa, quanto la non si può
fare se non una volta. E però uno principe savio debba pensare uno modo per il quale li
sua cittadini, sempre et in ogni qualità di tempo, abbino bisogno dello stato e di lui: e
sempre poi li saranno fedeli.