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GEORGE BERKELEY

A cura di


Berkeley
INDICE
VITA OPERE E CONTESTO CULTURALE
CRITICA ALLE IDEE ASTRATTE
CRITICA ALLA DISTINZIONE QUALITA' PRIMARIE E SECONDARIE
ESSE EST PERCIPI : LA NEGAZIONE DELLA MATERIA
RELIGIONE , MORALE E POLITICA



VITA OPERE E CONTESTO CULTURALE

La filosofia di George Berkeley rappresenta per molti aspetti una reazione alle nuove tendenze filosofiche affermatesi in Inghilterra tra la fine del Seicento e l' inizio del Settecento . Il bersaglio fondamentale della polemica di Berkeley ( vescovo della Chiesa anglicana ) sono infatti i deisti e i liberi pensatori , contro i quali egli intende difendere il valore della religione rivelata e della connessione tra religione e morale . Ma le frecciate di Berkeley sono dirette anche contro Newton , la cui concezione meccanicistica della realtà viene vista come una pericolosa concessione allo spirito antireligioso . Per combattere questa battaglia a favore della tradizione religiosa Berkeley si serve tuttavia di uno strumento tutt' altro che tradizionale : il suo pensiero prende infatti le mosse dal Saggio sull' intelletto umano di Locke , autore che egli aveva imparato a frequentare fin dalla giovinezza , avendo studiato al Trinity College di Dublino , dove l' insegnamento era improntato ai testi di Boyle , di Newton e , appunto , di Locke . L' empirismo di Locke viene tuttavia totalmente riformulato da Berkeley secondo due linee di sviluppo per alcuni aspetti antitetiche . Da un lato , esso viene radicalizzato al punto da mettere in dubbio alcuni capisaldi lockiani ( in primis la dottrina dell' astrazione , la credenza nella sostanzialità della realtà esterna ) e da preparare la strada allo scetticismo di Hume . Dall' altro, esso si trasforma in una sorta di idealismo neoplatonico , nel quale la riduzione della realtà al suo essere percepita si traduce in un atteggiamento di mistica contemplazione delle idee in Dio . Se gli strumenti concettuali che Berkeley elabora per la sua apologia della religione presentano in se stessi un grande valore innovativo , gli obiettivi a cui vengono applicati ricalcano invece tradizioni culturali del passato . George Berkeley nasce nel 1685 a Kilkenny , in un' Irlanda tormentata dalle tensioni tra una maggioranza irlandese autoctona , di ceppo celtico e di confessione cattolica , politicamente sostenitrice degli Stuart , e una minoranza , però dominante , di origine inglese , che professava l' anglicanesimo e parteggiava per la "gloriosa rivoluzione" di Guglielmo III d' Orange . Questa difficile situazione non manca di procurare noie a Berkeley , esponente della minoranza inglese , e lo induce a lasciare l' Irlanda , prima per Londra , poi per un lungo viaggio in Francia e in Italia ( testimoniatoci da una sua opera , "Viaggio in Italia" , pubblicata soltanto nel 1871 ) . Nel 1721 Berkeley ritorna in Gran Bretagna , dove si dedica al più grandioso progetto della sua vita : fondare un collegio nelle Bermude per evangelizzare i selvaggi americani ( siamo negli anni dei difficilissimi rapporti con le popolazioni autoctone delle Americhe che nella seconda metà del 1700 si libereranno dall' oppressore inglese con la rivoluzione ) . Partito per l' America nel 1728 , deve però tornare in Inghilterra dopo aver assistito al fallimento del suo disegno . Si trasferisce quindi in Irlanda , dove diviene vescovo di Cloyne . Muore nel 1753 . Le opere di Berkeley possono essere divise in due gruppi . Le prime , risalenti al periodo giovanile , si incentrano sul problema della conoscenza , analizzato alla luce di un presupposto rigorosamente empiristico : Saggio per una nuova teoria della visione (1709) , Trattato sui principi della conoscenza umana (1710) e i tre Dialoghi tra Hylas e Philonous (1713) . Questi ultimi costituiscono una riesposizione , sotto forma di dialogo , dei contenuti del Trattato , che non aveva riscosso successo ( sorte simile toccherà al Trattato sull' intelligenza umana di Hume ) . I gusti della cultura settecentesca si differenziano da quelli del secolo precedente anche per quanto riguarda i generi filosofico-letterari : alla pesantezza sistematica del trattato ( sebbene quello di Berkeley , brevissimo , fosse scritto in uno stile piacevole e scorrevole , alla maniera di Locke ) si preferiscono ora i saggi , strutturalmente più agili , o i dialoghi , letterariamente più accattivanti e dinamici . Una fortuna editoriale ben maggiore toccò invece al secondo gruppo di opere , nelle quali prevale l' orientamento neoplatonico . Numerose edizioni ebbe infatti l' Alcifrone , in cui Berkeley attacca duramente i deisti e i cosiddetti "liberi pensatori" , che nel 1600 francese avevano dominato la scena . Nella Siris (1744) , egli sviluppa invece una sorta di ascesi platonica dalla fallacia dei sensi alla luce dell' intelletto . Come si vede l' esito finale della speculazione del filosofo irlandese pregiudica sostanzialmente il suo iniziale empirismo . Importanti per la ricostruzione del suo pensiero sono anche gli appunti giovanili - il cosiddetto Commonplace Book - pubblicati soltanto nel 1871 .

CRITICA ALLE IDEE ASTRATTE

Secondo Berkley , come anche secondo Locke l' oggetto della conoscenza é costituito dalle idee , ossia le nostre rappresntazioni mentali . Sempre sulla scia di Locke Berkley non é innatista , bansì ritiene che l' unica fonte delle idee sia l' esperienza . Quella che generalmente chiamiamo una " mela " non é che una collezione di idee di sensazione ( di un certo sapore , di un certo odore , consistenza , forma , ecc. ) che l' esperienza ci presenta solitamente congiunte . Ma Berkeley é del parere che il suo maestro ideale ( Locke ) non sia stato abbastanza fedele ai suoi presupposti almeno su un punto . Per Locke , infatti , ciò che distingue il pensiero umano dall' attività psichica dei bruti é la facoltà dell' astrazione . Per quanto i sensi offrano sempre idee particolari , l' uomo ha la capacità di formulare idee astratte , separandole dalle altre qualità dell' oggetto percepito : vediamo un libro giallo e sappiamo astrarre , tirar via mentalmente il giallo , la forma parallelepipedo , etc. Secondo Berkeley , al contrario , questo processo non é possibile e le rappresentazioni mentali degli uomini sono sempre idee particolari : l' idea di giallo é data soltanto in quanto é riferita a un determinato oggetto ( un libro , una casa , una mela , etc. ) ed é inseparabilmente congiunta con tutte le altre qualità di esso . Quando pensiamo ad un uomo , non formuliamo mai l' idea astratta " uomo " , ma immaginiamo sempre un uomo alto o basso , biondo o bruno , grasso o magro . Berkeley , dunque , risulta ancora più saldamente ancorato rispetto a Locke alla tradizione occasionista sicentesca e perviene ad un più rigoroso nominalismo : gli universali sono esclusivamente flatus voci , dicevano i nominalisti medioevali . La negazione delle idee astratte , comunque , non esclude la possibilità di un uso generale delle idee particolari , uso che Locke avrebbe senz' altro confuso con l' esistenza di idee astratte . Risulta infatti possibile servirsi di idee particolari per rappresentare tutte le idee che appartengono ad una stessa specie . Il triangolo che il geometra ha in mente per dimostrare un dato teorema é sempre particolare ( per esempio un triangolo rettangolo ) ma nella dimostrazione questa particolarità viene fatta cadere in modo che essa possa rappresentare tutti i triangoli , pure quelli isosceli , scaleni ed equilateri , che sono sempre triangoli . Quando penso all' uomo in generale , in realtà ho sempre in mente un uomo particolare , magro o grasso , bianco o nero , alto o basso , ma non tengo conto di queste qualità in modo da poter riferire la mia rappresentazione di uomo , e il corrispondente termine generale " uomo " con cui la indico , a tutti gli uomini . Berkeley sostiene che l' infondato riconoscimento di idee astratte porti seco altri due errori grossolani . In primis , esso conduce all' erronea distinzione tra qualità primarie e qualità secondarie , la quale si basa sulla pretesa di astrarre dal complesso delle qualità percepite soggettivamente alcune qualità che , inerendo oggettivamente alle cose , siano suscettibili di misurazione matematica . Il secondo errore consiste nella falsa supposizione di una sostanza materiale da cui derivino le idee percepite dal soggetto conoscente : il dire che é il libro che é giallo ; per Berkeley le cose non stanno così . Anche in questo caso si applica in modo sbagliato il procedimento astrattivo , pretendendo di separare l' esistenza degli oggetti dalle sensazioni attraverso cui essi vengono percepiti . Esamineremo ora questi due aspetti , uno alla volta .

CRITICA ALLA DISTINZIONE QUALITA' PRIMARIE E SECONDARIE

Con il rifiuto della distinzione tra qualità primarie e qualità secondarie Berkeley apporta una seconda importante correzione alla filosofia di Locke e nello stesso tempo prende decisamente le distanze da una tradizione oggettivistica che aveva caratterizzato tanto la "nuova scienza" galileiana quanto la "nuova filosofia" razionalistica di Cartesio . La dottrina delle qualità primarie equivaleva , infatti , al riconoscimento dell' esistenza e della conoscibilità - anzi della misurabilità matematica - di una realtà indipendente dalle modalità percettive e conoscitive ell' uomo . Ma nella prospettiva apologetica in cui si pone Berkeley tale realismo oggettivistico si espone a un duplice sospetto : esso riconosce alla realtà esterna un' autonomia che impedisce la completa risoluzionedella realtà nello spirito e, contemporaneamente , esso contrasta la tesi che l' uomo dipenda esclusivamente da Dio anche per quanto riguarda la conoscibilità del mondo che lo circonda. Tuttavia, la critica berkeleyana alle qualità primarie , lungi dall' essere viziata da argomentazioni apologetiche , è rigorosamente fondata su presupposti empiristici , tanto da poter essere sostanzialmente ripresa più tardi da un Autore assolutamente alieno dall' apologia religiosa come David Hume . Sin dal saggio di una nuova teoria della visione , Berkeley polemizza contro il carattere matematico di qualità come la distanza (ovvero lo spazio) e la grandezza (ossia l' estensione) . Egli nega , infatti , che la distanza e la grandezza degli oggetti che noi percepiamo mediante la vista siano determinabili in base a leggi ottiche aventi carattere geometrico . La nozione di queste qualità è invece data dall' esperienza : noi siamo abituati a connettere determinate idee visive (e quindi determinate posizioni degli occhi) con la partecipazione di particolari grandezze e distanze . A riprova di ciò che Berkeley adduce il fatto che ( come avevano recentemente provato alcune relazioni scientifiche lette alla Royal Society ) un cieco nato , cui sia restituita la vista con un' operazione chirurgica , non è in grado di percepire immediatamente , senza esperienze pregresse , la distanza che lo separa dagli oggetti che vede per la prima volta , come dovrebbe avvenire se tale distanza risultasse oggettivamente e matematicamente dalle leggi ottiche che presiedono alla visione . La stessa corrispondenza tra le idee visive e quelle tattili - che sembra conferire maggiore oggettività alla visione della distanza e della grandezza - è soltanto una relazione soggettiva confortata dall' abitudine . Il quadrato che vedo non è lo stesso quadrato che tocco , ma si limita a rappresentarlo o a "suggerirlo" nello stesso modo in cui , convenzionalmente , la parola "quadrato" rappresenta la cosa designata . La funzione esercitata dalle idee visive di distanza e di grandezza non è dunque conoscitiva , ma esclusivamente pratica : Insomma , possiamo correttamente concludere che gli oggetti della visione costituiscono il linguaggio naturale della natura ; è questo linguaggio che ci insegna a regolare le nostre azioni per conseguire le cose necessarie alla conservazione e al benessere del nostro corpo e per evitare tutto ciò che lo danneggerebbe o lo distruggerebbe . In altre parole , la distanza che vediamo separarci da un precipizio non ci fornisce alcuna conoscenza teorica sulla reale lontananza dell' abisso , ma è un segno convenzionale attraverso cui la natura , e tramite essa Dio , ci permette di non precipitare dentro di esso . La polemica contro la distinzione tra qualità primarie e secondarie diventa più aperta nel Trattato e soprattutto nei Dialoghi tra Hylas e Philonous . In queste opere Berkeley attua una vera e propria riduzione delle qualità primarie alle qualità secondarie . Dopo aver ricordato che le qualità secondarie ( sapori , odori , colori ) mutano a seconda del soggetto che le percepisce e delle condizioni in cui esso si trova , Berkeley intende dimostrare che anche le cosiddette qualità primarie ( estensione , figura , solidità , movimento e quiete ) presentano lo stesso carattere relativo . Ciò che all' uomo appare estremamente piccolo , al più minuscolo degli insetti sembra gigante ; a soggetti diversi lo stesso movimento può apparire lento o veloce ; ciò che è duro ( solido ) per un animale è morbido per un altro , dotato di membra più robuste . Ma se le qualità primarie non possono essere distinte da quelle secondarie , diventa impossibile concepire l' estensione o il movimento come concetti non relativi : la tesi newtoniana di uno spazio e di un tempo assoluti appare il risultato di un erroneo processo astrattivo . Lo spazio ( così come l' estensione ) risulta da una connessione soggettiva tra la percezione del nostro corpo e quella degli altri oggetti ; così come soggettive sono le misure del tempo e del movimento , che sono determinate dalla velocità con cui le idee si succedono nella nostra mente . L' eliminazione delle qualità primarie , la cui prerogativa era di essere misurabili in termini rigorosamente matematici , è connessa in Berkeley con il ritorno ad una fisica di tipo qualitativo in opposizione al carattere quantitativo della tradizione galileiano - newtoniana . In una delle sue opere conclusive , la Siris , egli celebra le virtù terapeutiche dell' acqua di catrame , dovute al fatto che in essa è contenuta un' anima vegetale a sua volta espressione dell' " anima del mondo " ( concetto tipicamente platonico ) che permea l' universo .

ESSE EST PERCIPI : LA NEGAZIONE DELLA MATERIA

Il processo di relativizzazione delle percezioni , su cui Berkeley fonda il rifiuto della distinzione tra qualità primarie e qualità secondarie , si fonda su un presupposto filosofico ancora più radicale . Infatti , dire che ogni nostra percezione è soggettiva e priva di ogni riferimento a qualità che esistano "fuori della mente" equivale per Berkeley alla negazione di ogni sostanza materiale extramentale da cui derivino le idee . In altri termini , l' esistenza delle cose si esaurisce nel loro essere percepite : esse est percipi : l' esistere consiste appunto nell' essere percepito . Ancora una volta l' affermazione di una sostanza del materiale esistente al di fuori della mente nasce da un falso processo di astrazione : dalle singole qualità percepite sensibilmente ( il colore, l' odore , la forma , la grandezza di una mela ) si astrae illegittimamente un sostrato metafisico , non percepibile con i sensi, che serve da loro elemento comune ( la sostanza materiale "mela" ) . Il movimento di pensiero è di tipo lockiano : ma se Locke si era limitato a negare la conoscibilità della sostanza ( che pure ammetteva , per quanto inconoscibile ) , Berkeley rifiuta la possibilità stessa della sua esistenza : la sostanza , la cosiddetta res extensa , non esiste . Nel linguaggio berkeleiano coloro che sostengono l' esistenza di una realtà materiale extralogica sono detti "materialisti" ( mentre nell' accezione filosofica comune il termine si riferisce a coloro che sostengono esistere esclusivamente la materia , vedi Hobbes ad esempio ) . La sua filosofia si propone quindi come un radicale immaterialismo e, di conseguenza , come un altrettanto radicale spiritualismo , secondo il quale non esisterebbe altro che lo spirito ( quella che Cartesio aveva chiamato res cogitans ) . L' argomentazione di cui si avvale Berkeley per dar contro all' esistenza extramentale di una realtà da cui derivino oggettivamente le idee non si riferisce infatti alla sostanza in generale , ma soltanto a quella materiale ( la res extensa bruta ) . Il fatto che l' uomo abbia idee dimostra l' esistenza di uno spirito che le pensa , é ovvio . E il fatto che l' uomo abbia coscienza di idee che non é in grado di produrre da sè dimostra come esse provengano da uno spirito infinito ( Dio ) ; vanno senz' altro notate le analogie con la filosofia cartesiana . In questa maniera l' uomo ha nozione , ossia ha una conoscenza intellettuale indipendente dai sensi , di una mente divina , che comunica con le menti umane mediante un linguaggio i cui segni sono costituiti appunto dalle idee . E' evidente come Berkeley riprenda il tema della visione delle cose in Dio , tipicamente seicentesco , dall' occasionalista Malebranche : l' idea di libro che ho in testa non mi deriva dal libro materiale , ma é un' " immagine virtuale " inviatami da Dio in persona , il quale , per ricollegarci alla filosofia cartesiana é una sorta di genio non maligno . Oltre ad essere fonte di tutte le conoscenze umane , Dio é causa non solo delle idee , ma anche della loro connessione . La corrispondenza del nostro modo di connettere le idee con il modo in cui esse sono connesse nella mente di Dio é infatti ciò che ci permette di distinguere la realtà dal sogno , in cui invece le idee sono connesse arbitrariamente ( pur continuando a restare immutate le verità matematiche , come faceva notare Cartesio : nel sogno potrò trovarmi in posti inesistenti con oggetti inesistenti e potranno succedermi cose assurde , ma che 2 + 2 = 4 é vero anche nel sogno ) . In un contesto filosofico , quale quello di Berkeley , nel quale va perduto il riferimento delle idee alla realtà esterna , l' unico fondamento dell' oggettività della conoscenza é la sua congruità con lo spirito infinito da cui proviene ogni forma di pensiero . Questo consente a Berkeley di riconoscere la validità delle leggi della natura , scoperte dalla scienza umana ma decretate dalla mente divina . Tali leggi però , non potendo aver riscontro nella realtà oggettiva , sono solamente espressioni del linguaggio con cui Dio parla agli uomini e provvede alle loro necessità concrete . Esse non sono dunque conoscenze teoricamente certe , ma rivestono esclusivamente un valore pratico in vista dell' orientamento dell' azione umana .

RELIGIONE , MORALE E POLITICA

Finora abbiamo esposto le dottrine metafisiche e gnoseologiche di Berkeley , tutte presenti nei suoi scritti giovanili . Nonostante essi siano i più importanti dal punto di vista storico , non sono i preferiti di Berkeley nè tanto meno quelli per cui gode di maggior fama nel 1700 . Negli scritti della maturità infatti queste dottrine giovanili non vengono più riprese , per quanto restino comunque sullo sfondo e non incompatibili con il contesto : in primo piano emergono invece apertamente le argomentazioni apologetiche del filosofo . Nell' Alcifrone Berkeley illustra , in forma di dialogo , il suo pensiero religioso e morale . Egli muove un' aperta polemica ai deisti e ai liberi pensatori : Alcifrone significa letteralmente " mente potente " , con una sprezzante allusione alla presunzione di coloro che pretendono di risolvere tutto con il proprio cervello , convinti che la ragione possa tutto . Berkeley denuncia la totale inadeguatezza della religione naturale - razionale di stampo aristotelico , che é assolutamente insufficiente a esprimere la dimensione della fede e del culto , momenti di fondamentale importanza nella vita religiosa . Una religione che sia davvero tale deve per Berkeley essere una religione rivelata . Questo comunque non vuol dire che Berkeley non si preoccupi della ragionevolezza della religione : per giustificare i miracoli e i misteri cristiani egli ricorre al paragone con la scienza , ricordando che anche in essa i primi princìpi non sono suscettibili di spiegazione razionale ed é come se venissero colti dal "sentimento " , come aveva detto Pascal . Contro i deisti e i moralisti , Berkeley sostiene inoltre la stretta dipendenza della morale dalla religione : egli critica quindi Shaftesbury , il quale assimila il sentimento morale al gusto estetico , privando così l' etica di ogni riferimento alla natura divina . Una polemica dai toni ancora più aspri Berkeley la conduce contro il tentativo di Mandeville di valutare i comportamenti umani in base alla dinamica dell' istinto , al quale Berkeley contrappone evidentemente l' incommensurabile superiorità dei valori spirituali . Nella Siris egli ritratteggia la sua metafisica tramite la costruzione di una cosmologia di innegabile impianto neoplatonico . L' intero universo é permeato e animato da quella sostanza invisibile che é l' etere . Ma dal momento che esclusivamente lo spirito é attivo , l' etere é solamente il mezzo tramite il quale Dio esplica la propria opera e comunica con gli uomini per mezzo delle cose da esso animate . Ecco allora che Berkeley riprende in forma diversa la tematica della natura come linguaggio di Dio . Tramite una comprensione intellettuale della natura e dell' ordine insito in essa , l' uomo può tra l' altro realizzare un' ascesi che lo riconduce all' intelletto divino ; da notare che il tema dell' ascesi era particolarmente caro alla tradizione neoplatonica ed in particolare a Plotino . Anche il pensiero politico di Berkeley , infine , risulta fortemente legato alla religione . In un Discorso sull' obbedienza passiva o princìpi della legge di natura ( 1712 ) egli afferma che gli uomini devono obbedire passivamente all' autorità costituita , dal momento che la legge che da essa viene emanata é riflesso di quella naturale e divina , senza la quale ogni felicità mondana é impossibile . Questo esclude ovviamente ogni concezione contrattualistica dello Stato , concezioni che avevano cominciato a fiorire nel 1600 e che trovano un campo fertile nel 1700 .

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