IMMANUEL KANT

A cura di

I POSTULATI DELLA RAGION PRATICA

La legge morale é per Kant un fatto che l' uomo scopre nella propria coscienza razionale . Come tutti i dati di fatto essa non ha bisogno di "deduzione" , ma si giustifica da sé . Anzi , essa consente a sua volta di "dedurre" la realtà pratica di un concetto che nella Critica della ragion pura era ammesso come semplice possibilità : quello della libertà . Dal punto di vista teoretico , infatti l' esistenza della libertà non è suscettibile di dimostrazione , dal momento che essa , in quanto tesi della terza antinomia cosmologica , cade al di fuori dell' ambito fenomenico . Dal punto di vista pratico , invece , la libertà è una condizione sostanziale (ratio essendi) della moralità : una moralità priva di libertà non sarebbe possibile , perchè verrebbe meno la capacità del soggetto di essere causa prima (e responsabile) della propria azione . Sarebbe quindi impossibile quella autonomia del soggetto , cioè quella capacità dell' uomo morale di autodeterminarsi e di essere legislatore di se stesso , in cui risiede l' essenza dell' azione morale . D' altra parte , attraverso l'esperienza della libertà l' uomo acquista la consapevolezza del "fatto" morale : la moralità è dunque la condizione cognitiva ( ratio conoscendi ) della libertà . Pur non potendo mai accertarne teoreticamente la verità , occorre quindi ammettere la libertà umana per non contraddire la realtà di fatto della legge morale : la libertà è un postulato della ragion pratica. Accanto alla libertà Kant riconosce altri due postulati pratici : l' immortalità dell' anima e l' esistenza di Dio . La realtà di queste due nozioni è richiesta da un concetto pratico centrale nel pensiero kantiano : il sommo bene . Se la virtù è il bene supremo (il più elevato) , ad essa manca tuttavia la componente della felicità per realizzare il bene sommo (perfetto , completo in tutte le sue parti) . La giustizia più elementare vuole infatti che chi è virtuoso sia anche premiato con la felicità in proporzione al suo merito . Ma tale unione proporzionale di virtù e felicità , in cui consiste il sommo bene , appare problematica : chi vuol essere virtuoso , realizzando la pura legge del dovere razionale , non può ricercare la felicità , perchè quest' ultima , avendo natura sensibile , conferirebbe all' azione il carattere della particolarità (anzichè dell' universalità) e la renderebbe eteronoma (anzichè autonoma) . Inoltre , il sommo bene presuppone la possibilità per il soggetto morale di realizzare la virtù perfetta , ovvero la santità , completa adeguazione della volontà alla legge , nonchè di meritare di conseguenza la felicità totale , la beatitudine . Ma in un essere finito e sensibile come l' uomo la santità (che è propria di Dio , nel quale l' assenza di un condizionamento sensibile consente l' immediata adeguatezza della volontà alla legge razionale) è più un ideale cui avvicinarsi indefinitamente che una realtà praticabile . Questi problemi trovano una soluzione , secondo Kant , nella testimonianza della coscienza morale . Mediante il postulato dell' essenza di Dio viene invece riconosciuta una causa intelligente del mondo , in grado di ordinare la natura , sede e condizione della felicità , in modo da "armonizzarla con l' intenzione morale" . I postulati della libertà , dell' immortalità dell' anima e dell' esistenza di Dio , danno all' uomo certezze che gli erano precluse in base all' analisi dei princìpi della conoscenza . In questo senso la ragion pratica detiene un primato sulla ragione teoretica , in quanto essa riesce a dare realtà a concetti che nella Critica della ragion pura si presentavano al massimo come possibilità teoretiche . Ciò non significa tuttavia che la ragion pratica consenta un' estensione dei limiti della conoscenza previsti dalla prima Critica . La validità dei postulati non è infatti assolutamente teoretica , ma soltanto pratica . Attraverso di essi si giunge alla certezza morale della libertà , dell' immortalità dell' anima e dell' esistenza di Dio , ma in nessun modo è possibile affermare la validità teoretica di tali concetti : ciò infatti presupporrebbe quella sintesi a priori che è possibile soltanto nell' ambito fenomenico . L' affermazione dell' esistenza di Dio consente a Kant di operare il passaggio dalla morale alla religione , all' analisi della quale è dedicato lo scritto La religione entro i limiti della sola ragione . La religione infatti non ha contenuti diversi dall' etica , ma comporta semplicemente il riconoscimento dei doveri morali come comandamenti divini . La volontà di Dio , che comanda all' uomo quelle stesse azioni già prescrittegli dalla legge morale , non è dunque arbitraria , ma pienamente conforme alla ragione universalmente legislatrice . La fede religiosa si traduce in fede razionale , nella quale nulla è lasciato alla superstizione e al fanatismo . La stessa cristologia viene da Kant ricondotta rigorosamente entro "i limiti della semplice ragione" . Cristo assume un valore esemplare per l' uomo non perchè egli si presenti come un essere soprannaturale (ad esempio attraverso i miracoli) , ma perchè la sua condotta corrisponde all' ideale razionale dell' uomo moralmente gradito a Dio . Analogicamente il cristianesimo è la migliore delle religioni poichè in esso il contenuto rivelativo e scritturale non è contrario a una fede puramente razionale , ma ne promuove anzi la realizzazione .

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