IMMANUEL KANT

A cura di

L' ANALITICA TRASCENDENTALE DEI CONCETTI

Le intuizioni empiriche di per sè non costituiscono ancora autentiche conoscenze . Esse constano infatti di una molteplicità di dati empirici cui manca quella connessione e quell' unità che li costituisce in un oggetto di conoscenza . La facoltà che compie questa ulteriore operazione di unificazione , pensando agli oggetti che nella sensibilità erano semplicemente intuiti , è l' intelletto , il quale opera non più mediante intuizioni (rappresentazioni immediate) , bensì attraverso concetti (rappresentazioni discorsive). Il concetto esprime infatti una "funzione" , cioè consiste nell' ordinare diverse rappresentazioni (che possono a loro volta essere concetti o semplici intuizioni) sotto una rappresentazione comune , conferendo loro unità . L' atto con cui i concetti dell' intelletto esplicano la loro forza unificante è il giudizio : pensare significa quindi sempre giudicare . La prima parte dell' Analitica trascendentale ha per oggetto le forme a priori dell' intelletto e prende il nome di Analitica dei concetti . Infatti , la funzione unificante dell' intelletto è resa possibile da concetti puri , che costituiscono le forme a priori necessarie di qualsiasi giudizio . In altri termini , essi sono le regole mediante le quali l' intelletto giudica , unificando le rappresentazioni : soltanto mediante i concetti puri è quindi possibile pensare un oggetto qualsiasi , riconducendo ad unità il molteplice delle delle intuizioni date dall' esperienza . Kant chiama tali concetti categorie , in quanto essi definiscono i modi universali del pensare (ovvero del giudicare), così come le categorie aristoteliche definivano i modi universali dell' essere . Il loro numero e il loro carattere sono determinati in stretta analogia con il numero e il carattere dei tipi possibili di giudizio . Dalla tavola dei giudizi (compilata in base alle regole della logica tradizionale , di ascendenza aristotelico - scolastica ) , Kant deduce quindi la Tavola delle categorie secondo il seguente prospetto :


TAVOLA DEI GIUDIZI:

  • 1 ) QUANTITA' : universali , particolari , singolari
  • 2 ) QUALITA' : affermativi , negativi , infiniti
  • 3 ) RELAZIONE : categorici , ipotetici , disgiuntivi
  • 4 ) MODALITA' : problematici , assertori , apodittici

TAVOLA DELLE CATEGORIE:

  • 1 ) QUANTITA' : unità , pluralità , particolarità
  • 2 ) QUALITA' : realtà , negazione , limitazione
  • 3 ) RELAZIONE : inerenza e sussistenza ( substantia et accidens ) , causalità e dipendenza ( causa ed effetto ) , comunanza ( azione reciproca tra agente e paziente )
  • 4 ) MODALITA' : possibilità-impossibilità , esistenza-inesistenza , necessità-contingenza

E' importante notare che nelle categorie della relazione entrano anche la sostanza e la causa , concetti che erano stati oggetto di una radicale delegittimazione in nome della critica alla metafisica , soprattutto da parte della tradizione empiristica inglese ( Locke , Hume) . D' altra parte questi concetti erano indispensabili alla fisica moderna ( Newton ) , seppure su un piano non più metafisico ma metodologico . Ed è appunto nell' ambito gnoseologico che Kant realizza il recupero di questi concetti . Anche per lui - come per gli empiristi inglesi - sostanza e causa perdono ogni validità sul piano metafisico , in quanto non sono attributi delle cose in sé (che cadono al di là di ogni possibilità di conoscenza) . Essi invece, in quanto concetti puri dell' intelletto , sono forme a priori che condizionano la possibilità stessa della conoscenza e , nello stesso tempo proiettano su di essa l' universalità e la necessità che li caratterizza . In altri termini , la validità oggettiva di questi concetti è data dal fatto che noi non possiamo pensare i fenomeni dell' esperienza se non in termini di sostanza e di causa , poiche la sostanza e la causa rappresentano strutture necessarie del nostro pensiero intellettuale. L' esposizione della Tavola delle categorie lascia tuttavia aperto un problema. Come si può dimostrare che i concetti puri , pur essendo forme intellettuali soggettive , danno luogo a conoscenze fornite di validità universale e oggettiva ? Sorge , in altri termini , il problema della legittimazione delle categorie e del loro uso ; problema che non si poneva nel caso delle intuizioni pure , poichè qui il materiale dell' intuizione non può darsi se non attraverso le forme a priori dello spazio e del tempo , che vengono legittimate proprio dall' unicità e necessità del loro uso . Ma , nel caso delle categorie , in primo luogo , é da dimostrare che l' unificazione da esse operata corrisponde agli oggetti dell' esperienza ; e , in secondo luogo , occorre accertare quale sia l' uso che si può legittimamente fare di esse , nel caso che siano possibili usi diversi . A questo problema risponde la deduzione trascendentale delle categorie , dove il termine " deduzione " é preso da Kant nell' inconsueta accezione , mutuata dal linguaggio giuridico , di " giustificazione " . Kant comincia con l' osservare che , poichè ogni nostro pensiero comporta un' unificazione delle intuizioni , occorre che esista una " unità originaria " che preceda ( non cronologicamente , ma logicamente ) tutti i singoli atti di unificazione . In altri termini occorre individuare nel soggetto conoscente un termine di riferimento unitario a cui vengono rapportate tutte le rappresentazioni , in modo che esse trovino la loro possibilità di unificazione proprio in questa relazione con quell' unico riferimento . D' altra parte , poichè l' unificazione é possibile solo attraverso un atto di spontaneità del pensiero ( in opposizione all' intuizione che comporta una condizione di passività della sensibilità ) , questo unico termine di riferimento può essere solamente un atto del pensiero . All' unità originaria che sta alla base di ogni unificazione Kant dà quindi il nome di Io penso , esprimendo con tale termine l' autocoscienza ( o appercezione trascendentale ) del soggetto conoscente che , riferendo a se stesso ogni rappresentazione , ne costituisce il comune elemento unificante . L' io penso deve poter accompagnare tutte le mie rappresentazioni ; altrimenti verrebbe rappresentato in me qualcosa che non potrebbe essere pensato , il che poi significa che la rappresentazione per me sarebbe impossibile o , almeno per me , non esisterebbe , così dice Kant . Affinchè io possa rappresentarmi qualcosa , occorre che la rappresentazione sia presente nella mia autocoscienza ; in caso contrario io non posso rappresentarmi nulla . Ma poichè questo vale per tutte le rappresentazioni , esse vengono unificate proprio dal riferimento necessario a quell' unica autocoscienza che é l' Io penso . Inoltre , poichè l' Io penso , pur essendo un' autocoscienza individuale , é identico in tutti ( ossia tutti hanno la stessa struttura unificante ) , il risultato dell' unificazione sarà valido universalmente e oggettivamente . Ora , le categorie non sono altro che le articolazioni interne dell' Io penso , le " funzioni logiche " attraverso cui esso opera la sintesi trascendentale . Esse vengono quindi dedotte , cioè giustificate , dal fatto che l' unificazione del molteplice , e quindi la conoscenza stessa , non può avvenire se non attraverso di esse . Nello stesso tempo viene definito il loro unico uso legittimo : dal momento che la sintesi é possibile solo in presenza di una molteplicità di dati intuitivi da unificare , le categorie debbono essere applicate esclusivamente alle intuizioni empiriche , all' ambito dell' esperienza ( uso empirico delle categorie ) . In altre parole , come le intuizioni della sensibilità , prive della funzione unificante dei concetti , sono " cieche " , cioè non conducono alla costruzione di alcuna conoscenza , così i concetti , se non sono riferiti al materiale empirico , sono " vuoti " , cioè danno luogo a puri giochi intellettuali che non hanno riscontro nel mondo esterno al soggetto . Da operazioni concettuali di questo genere , derivanti dall' applicazione delle categorie al di fuori delle intuizioni sensibili , scaturiscono gli infiniti erramenti della ragione metafisica ( uso trascendentale delle categorie ) . Come si é visto a proposito dell' Estetica trascendentale , le intuizioni sensibili non sono mai rappresentazioni di cose in sè , ma soltanto di fenomeni . Potendo essere applicate esclusivamente ai dati dell' intuizione , anche le categorie , se usate correttamente , saranno riferibili solo al mondo fenomenico . Oggetto della conoscenza umana é quindi sempre soltanto il fenomeno . La cosa in sè , non potendo essere nè intuita nè unificata categorialmente , non può essere conosciuta . Lo stesso soggetto pensante conosce se stesso solo come fenomeno , cioè come appare a se stesso nell' esperienza interna , e quindi nell' intuizione pura del tempo ( l' Io penso comporta solo la coscienza trascendentale di sè come soggetto , non la conoscenza di sè come oggetto ) . Il non - fenomeno non può essere conosciuto ( il che implicherebbe la combinazione di intuizione sensibile e sintesi categoriale ) , ma soltanto pensato come concetto - limite , come possibilità negativa che serve a definire , per contrasto , la possibilità positiva del fenomeno : questo concetto limite assume appunto il nome di noumeno ( " pensato " ) .

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