FICHTE

A cura di

LA CONOSCENZA

L' io e il Non-io si oppongono e si limitano a vicenda. Si può dunque parlare sia di una determinazione dell' Io da parte del Non-io, sia di una determinazione del Non-io da parte dell' Io. Occorre subito precisare che queste due forme di determinazione , aventi direzioni opposte, esprimono entrambe l' attività dell' Io assoluto, per cui si deve dire con più esattezza (come osserva lo stesso Fichte) che da un lato l' Io pone se stesso (in quanto Io empirico) come determinato dal Non-io. Le due diverse direzioni in cui si orienta l' attività di determinazione non sono infatti altro che le due attività stesse dell' Io : quella teoretica (la conoscenza) e quella pratica (la morale). Ogni attività conoscitiva prende infatti l' avvio dall' intuizione sensibile, ovvero dalla presenza di un oggetto che, con il suo essere dato, condiziona il soggetto: in termini più fichtiani, ogni conoscenza comporta la determinazione dell' Io da parte di un Non-io. Nel momento dell' intuizione, il soggetto appare quindi come passivo rispetto all' oggetto intuito, che esercita su di esso un' attrazione limitativa : quando vedo il tavolo, devo recepire l' immagine del tavolo così come essa mi è data, senza poterla modificare (non posso decidere di percepire una sedia anziché un tavolo). D' altra parte, il secondo principio della dottrina della scienza afferma che il Non-io, cioè l' oggetto intuìto come realtà esterna al soggetto, è esso stesso posto, ossia prodotto dall' Io. Com' è dunque possibile che che l' Io, da una parte, produca il proprio oggetto di conoscenza sensibile e, dall' altra, se lo trovi di fronte come qualcosa di dato e di indipendente da esso? La risposta a questo problema è ravvisata da Fichte nella nozione di immaginazione produttiva. Per Kant, l' immaginazione produttiva era la facoltà della conoscenza preposta alla determinazione degli schemi trascendentali (elementi intermedi tra le intuizioni sensibili e le categorie dell' intelletto) in modo da operare una prima sintesi provvisoria dei dati empirici (sintesi empirica) e, per così dire, preparati alla sintesi trascendentale dell' Io penso, attraverso la quale le intuizioni empiriche potevano finalmente essere tradotte in concetti. Per Kant, quindi, l' immaginazione produttiva si limitava a unificare empiricamente una molteplicità di dati sensibili, che non erano prodotti dal soggetto conoscente, ma provenivano dalla cosa in sé. Fichte, invece, interpreta l' immaginazione produttiva come una vera e propria produzione del contenuto empirico della conoscenza, il quale appare come "dato" alla coscienza, e quindi indipendente da essa, soltanto perché l' immaginazione è produzione inconsapevole. In altre parole, l' Io, in base alle sue stesse leggi costitutive, produce inconsciamente un Non-io, che si contrappone all' Io empirico come un oggetto esterno, sebbene questo processo produttivo sia tutto interno all' Io. In questo modo Fichte eliminava definitivamente il problema della cosa in sé, cioè dell' oscuro fondamento oggettivo dei dati dell' intuizione, e risolveva l' intera conoscenza (non solo per quel che riguarda il contenuto) nell' attività del soggetto conoscente. Accanto all' intuizione sensibile Fichte riconosce, tuttavia, l' esistenza di una seconda forma di intuizione che consente al soggetto conoscente di "riflettere" sull' oggetto conosciuto, comprendendo come esso sia in realtà una produzione di dell' Io. Attraverso questa riconduzione del Non-io all' Io che lo ha prodotto, l' Io arriva a conoscere la sua stessa attività e, con essa la propria essenza. Per mezzo di questa intuizione intellettuale (che Kant aveva riservata a una mente infinita come quella di Dio) l' Io perviene quindi a una conoscenza adeguata di se stesso.

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