AVERROE'

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Il più importante studioso di Aristotele fu ibn Rushd , noto come Averroè ( 1126-1198 ) . Nato a Cordova da una famiglia di giuristi , Averroè godette della protezione dei califfi della nuova dinastia degli Almohadi , che aveva sconfitto e sostituito quella degli Almoravidi . Averroè divenne medico del califfo Abu Yaqub Yusuf e fu nominato giudice a Siviglia e poi a Cordova ; il califfo stesso gli diede il compito di commentare le opere di Aristotele . La sua situazione favorevole non mutò nei primi anni di regno del nuovo califfo al-Mansur , successo al padre nel 1184 , ma verso il 1194 Averroè dovette subire un processo e varie sue opere furono distrutte . Per questa ragione una parte di esse é sopravvissuta solo in versioni ebraiche e latine . Esiliato nei pressi di Cordoba , Averroè concluse la sua vita a Marrakesh in Marocco . Averroè diventerà noto presso i latini soprattutto come commentatore di Aristotele . Dante stesso nell' Inferno ( IV , 144 ) lo definisce come colui " che ' l gran comento feo " . I suoi commenti sono di tre tipi : 1 ) commenti brevi , consistenti in sommari , parafrasi ed estratti di passi dalle opere commentate ; 2 ) commenti medi e , infine , 3 ) commenti grandi , di maggiore estensione e complessità . Sono stati conservati tra gli altri i commenti medi alle " Categorie " , alla " Retorica " , alla " Poetica " , alla " Fisica " , al " De caelo " e a " Generazione e corruzione " , oltre ai commenti grandi al " De anima " e alla " Metafisica " di Aristotele ; Averroè scrive anche un " Commento alla Repubblica " di Platone e uno all' " Isagoge " di Porfirio . Ma il filosofo per eccellenza rimane ai suoi occhi Aristotele ; egli mira a comprenderne il pensiero autentico , convinto che le verità acquisite per via filosofica non siano in contrasto con la rivelazione del Corano , che é infallibile . Erroneamente nell' Occidente latino sarà attribuita ad Averroè la cosiddetta dottrina della doppia verità , secondo la quale la verità a cui si può pervenire con la ragione per via puramente filosofica é diversa e talora contrastante con la verità di fede . in realtà , per Averroè la verità é una , non c'é maggior verità nella filosofia rispetto alla religione o viceversa ; piuttosto , la filosofia deve essere riconosciuta come legittima anche dal credente , in quanto non contrasta , bensì conferma la rivelazione . Questa tesi é argomentata da Averroè in un' opera , composta fra il 1177 e il 1180 , intitolata " Libro della distinzione del discorso e della determinazione della conoscenza tra legge religiosa e filosofia " . La verità é una , ma molteplici sono i gradi e i modi in cui si accede ad essa . A tale proposito Averroè riprende da Aristotele la distinzione tra tre tipi di argomentazione : a ) dimostrativa o scientifica , che parte da premesse vere ; b ) dialettica , che parte da premesse condivise dai più o dai più autorevoli ; c ) retorica , che parte da premesse che paiono persuasive all' auditorio . Esse rappresentano tre vie attraverso le quali ci si accosta alla verità : quella dimostrativa é propria del filosofo , quella dialettica lo é del teologo e quella retorica é appropriata ai più , inclini ad immaginarsi in maniera antropomorfa la divinità . I tre livelli e modi di comprensione della verità corrispondono a tre livelli di una gerarchia tra uomini , ma tutti i modi pervengono a riconoscere , anche se per vie diverse , che Dio esiste ed é uno e ha creato il mondo , di cui si prende cura provvidenzialmente ; che Maometto é il suo profeta ; che dopo la morte l' uomo sarà giudicato da Dio e destinato all' Inferno o al Paradiso e che avverrà la resurrezione finale . E' una concezione aristocratica della verità : i migliori , ossia i filosofi , raggiungeranno una verità di più alto livello , mentre i peggiori ( gli uomini comuni ) raggiungeranno attraverso la religione una verità meno elevata . La fede , tuttavia , é necessaria e obbligatoria per tutti , anche per i filosofi , secondo Averroè ; ma , per questi ultimi , é anche lecita la ricerca razionale , che perviene a conclusioni cogenti . Il problema é non commettere l' errore dei teologi , che , divulgando i punti oscuri e segreti dell' interpretazione del testo sacro anche a quanti non sono in grado di comprenderli , fanno nascere le eresie . La stessa cosa avverrebbe se la filosofia mettesse in mano ai più , incapaci di usarli propriamente , i propri strumenti argomentativi : ogni tipo di discorso deve , quindi , essere adeguato ai propri destinatari . La filosofia , in particolare , deve indirizzare le proprie dimostrazioni solo a quanti sono in grado di seguirle . Il filosofo , che si comporta seguendo queste indicazioni , tributa a Dio il culto migliore , che consiste nel conoscere le sue opere e , attraverso di esse , Dio stesso : in tal modo , Averroé accoglieva da Aristotele la tesi del primato della vita teoretica . L' assunzione di questa prospettiva conduce inevitabilmente Averroè a prendere posizione contro le critiche mosse da al-Gazali ai filosofi nello scritto su l' " Incoerenza dei filosofi " . A tale scopo Averroè scrive un' opera intitolata " Incoerenza dell' incoerenza " , che sarà nota ai latini come " Distruzione della distruzione " . Averroè rifiuta la concezione di Dio , proposta da al-Gazali , come di un Signore dotato di arbitrio assoluto , e di una natura nella quale i fenomeni non presentano alcun rapporto causale . Certo la natura dipende da Dio , ma ciò significa che essa é organizzata da lui come un insieme di fenomeni caratterizzati dalla regolarità e da relazioni causali stabili , secondo un ordine necessario : per questo la natura può essere oggetto di conoscenza . Il rapporto di dipendenza del mondo da Dio , secondo Averroè , non può essere propriamente spiegato mediante la dottrina della creazione . Parlare di creazione é solamente un modo figurato , adatto per i semplici , perchè , attraverso l' immagine dell' attività produttrice umana , serve a far comprendere ai più che il mondo non é e non può essere causa di se stesso , ma dipende da Dio . Se invece per creazione si intende un atto volontario , con il quale Dio dà inizio al mondo nel tempo , allora nascono delle difficoltà . Questa tesi comporta , infatti , che Dio subisca un mutamento , decida e faccia qualcosa di diverso e nuovo , o per motivi esterni alla sua natura o in virtù della sua natura ; ma entrambe le alternative sono insostenibili : Dio infatti non può mutare nè ha nulla fuori di sè , quindi il volere di Dio é continuo ed eterno , non dipende da intenzioni particolari mutevoli . Ma , se é così , ne deriva che anche ciò che esso vuole é eterno : dunque , il mondo é eterno . Averroè fa così propria la dimostrazione aristotelica dell' esistenza di un primo motore immobile , poichè , in quanto é atto puro , Dio é eterno principio di movimento . Questo movimento viene trasmesso , attraverso quelle sostanze immateriali che sono le intelligenze motrici , ai vari cieli , da quello delle stelle fisse ( " la pelle del mondo " ) ai pianeti sino alla Luna , e , poichè ogni cielo é mosso eternamente dalla sua intelligenza motrice , il mondo nel suo complesso é eterno . Un secondo punto sul quale al-Gazali attaccava i filosofi era la loro negazione del fatto che Dio conoscesse i particolari . Anche in risposta a questa accusa Averroè si richiama a tesi aristoteliche , in particolare , egli condivide con Aristotele la tesi che le sostanze vere e proprie sono le realtè individuali , in opposizione ad Avicenna , per il quale il mondo é una struttura gerarchica di essenze , alle quali , in virtù dell' essere necessario , é conferita esistenza . Per Averroè , gli universali non sono un mondo di essenze separate , come sosteneva la tradizione platonica , ma soltanto il risultato di un' operazione di astrazione di ciò che é comune a sostanze individuali . In realtà , la scienza di Dio é diversa e superiore a quella degli uomini , in quanto Dio conoscendo se stesso , conosce anche tutte le cose , dal momento che ne é la causa prima , da cui tutte dipendono . Ciò , però , non significa che egli conosca o debba conoscere le cose individuali e accidentali , in quanto conoscere le cose individuali nella loro accidentalità é solo un modo imperfetto di conoscere . La conoscenza perfetta di Dio riguarda , invece , ciò che é necessario ed immutabile ; con la sua conoscenza del mondo Dio é al tempo stesso causa del mondo e , poichè l' oggetto di essa é il necessario , il mondo che dipende da essa é un ordine necessario . La conseguenza é che la provvidenza divina non riguarda le cose individuali e gli eventi accidentali , che non rientrano nell' ordine necessario del tutto , e si spiega l' esistenza del male nel mondo e il margine di libertà concesso all' uomo . In quanto inserito nell' ordine necessario del mondo , tuttavia , anche l' agire umano é predestinato , in conformità a quanto insegna il Corano . Il terzo capo d' accusa di al-Gazali riguardava l' immortalità dell' anima . Per affrontare questo problema , Averroè riprende anch' egli , come i suoi predecessori , la teoria aristotelica dell' intelletto . Egli ritiene che l' intelletto , la funzione più alta dell' anima , in quanto incorporeo , sia immortale e che , quando sarà separato definitivamente dal corpo , esso potrà attingere direttamente gli intellegibili , ossia gli universali , che sono gli oggetti veri e propri della conoscenza intellettiva . Ma di quale intelletto si tratta ? Aristotele aveva riconosciuto nella materia il " principium individuationis " , dunque , un intelletto separato dal corpo e , quindi , dalla materia non può essere individuale , ma universale . Si tratta del famoso NOUS POIETIKOS (intelletto attivo o produttivo) : io ho intelletto in potenza ; con le esperienze sensibili diventa intelletto in atto : ma ci deve essere qualcosa in atto che consenta il passaggio : ecco il "nous poietikos" (che compare una volta sola in tutte le opere di Aristotele ) , quel qualcosa che essendo già in atto ( ha cioè già in atto tutte le forme ) mi consente il passaggio ; che cosa sia il nous poietikos Aristotele lo dice solo di sfuggita : dice che è qualcosa che sopravviene dall'esterno ed è incorruttibile . Da questa frase buttata lì da migliaia di anni si discute : le possibilità sono diverse : 1) é una parte dell'anima umana : ma se è parte dell'anima umana , sembra che ci sia un pezzetto di anima umana immortale , che già quando nasciamo ha tutte le forme . 2) Questo nous poietikos è uno solo , esterno all'anima : a questo punto è una divinità , ma è la stessa che abbiamo incontrata nella cosmolgia ? Cadremmo di nuovo in contraddizione , perchè quella là pensava solo a se stessa . Qui aiuta gli uomini a pensare , è provvidenziale . Alessandro di Afrodisia diede la prima interpretazione : il nous poietikos è parte dell'individuo e quando si muore muore anch'esso . Averroè dirà che il nous poietikos si identifica con la divinità : è unico e separato . Accettata quest' ipotesi viene comunque negata l'immortalità dell'anima : il nous poietikos è qualcosa al di fuori dell'uomo . Averroè diceva " chi pensa è immortale , chi non pensa muore " : se pensando si partecipa dell'attività del nous poietikos si partecipa all'immortalità del nous poietikos : si ha una forma di immortalità ; é un immortalità " aristocratica " , riservata ai pochi che sanno usare il cervello . Tale intelletto , anche per Averroè , come per vari suoi predecessori , é unico per tutti gli uomini , ingenerabile e incorruttibile . Nuova é invece la tesi che l' intelletto materiale o potenziale é unico , non solo l' intelletto attivo o agente ( il nous poietikòs ) . Anche l' intelletto materiale , quindi , non coincide con l' anima umana individuale , poichè esso può cogliere gli intellegibili solo grazie all' illuminazione che gli proviene dall' intelletto attivo . Quando avviene la connessione tra intelletto agente e intelletto materiale , si ha l' intelletto acquisito . Averroè intende quindi sostenere che se per ogni individuo ci fosse un intelletto materiale , esso sarebbe legato alla corporeità e alla materia , in quanto questa é " principium individuationis " . Ma dal momento che gli oggetti della conoscenza intellettuale sono le forme intellegibili , le quali sono universali ed eterne , queste non sarebbero più tali se dovessero seguire il destino dell' anima individuale , proprio perchè sarebbero diverse per ciascun individuo e , inoltre , potrebbero sussistere così come potrebbero non sussistere . Alla tesi dell' unicità dell' intelletto materiale si potrebbe obiettare che se un individuo coglie un intellegibile , allora esso é necessariamente colto anche da tutti gli altri individui . A questo argomento Averroè risponde che l' intelletto passivo é una semplice disposizione a ricevere immagini , la quale é legata al corpo e quindi varia da individuo a individuo . In ogni individuo , quindi , l' intellegibile viene a connettersi con immagini che non sono identiche a quelle degli altri individui , anche se l' intelletto materiale é comune ad entrambi ; d' altra parte , se l' intellegibile fosse diverso per ciascun individuo , non sarebbe neppure impossibile insegnare nulla a nessuno . I principi universali sono pertanto unici in rapporto all' intelletto che li riceve , ma sono molteplici in rapporto alle forme immaginative da cui sono ricavati per astrazione ; tali forme , infatti , sono molteplici come gli individui . Per via razionale si arriva , dunque , a concludere che l' intelletto é uno e che l' immortalità é prerogativa di esso ; infatti , l' anima propriamente individuale é quella vegetativa e sensitiva , che é appunto forma del corpo , mentre l' intelletto , sia materiale sia agente , ha la prerogativa di essere separato . In quanto connessa al corpo , l' anima individuale perisce dunque con esso ; immortale é invece l' intelletto , che é unico : sia quello agente , che é divino , sia quello materiale , proprio dell' intera specie umana e nel quale si accumulano le conoscenze acquisite dall' umanità . La scienza presente in ciascun individuo perisce con l' individuo stesso , ma non perisce la scienza che é nell' intelletto . La specie umana e la scienza sono pertanto eterne come sono eterni il mondo e Dio , da cui tutto dipende . Averroè , tuttavia , non esclude , anche sulla scorta del Corano , qualche forma di immortalità individuale . Con Averroè la penetrazione della filosofia greca nel mondo islamico raggiunge il suo culmine , ma in esso questa posizione rimarrà marginale e non avrà mai realmente seguito .

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